Troppo spesso siamo abituati a parlare di lui per la continua sregolatezza, per le sue giocate sceniche ai limiti della logica, per i suoi super show da bad boy in cui se la prende con tutto e con tutti. Invece oggi, in semifinale al Washington Open, Nick Kyrgios è tornato a far parlare di sé per il suo genio e per il suo indiscutibile talento, battendo la testa di serie numero uno del torneo, Stefanos Tsitsipas.
Alla fine il match (spettacolare) è terminato con un tiebreak, e già questo dovrebbe far comprendere l’intensità e l’equilibrio che c’è stato tra i due (6-4, 3-6, 7-6). Ma l’impressione è che sia stato l’australiano a fare il bello e il cattivo tempo: se da una parte la vittoria del primo set è arrivata grazie ai suoi colpi talentuosi (soprattutto al suo possente servizio); la sconfitta nel secondo set va attribuita al suo black out mentale, arrivato nel terzo game, piuttosto che a un vero e proprio rientro in partita da parte di Tsitsipas. È passato da un primo set brillante alla versione del bad boy che se la prende con tutto e con tutti, anche con qualcuno del pubblico. Il terzo set sarà poi molto equilibrato, al punto da dover essere deciso al tiebreak, con il risultato finale di 7-5.
Ma in questo articolo vorremmo soffermarci sull’australiano che tanto fa parlare di sé, in ogni circostanza.
Quello che ha dimostrato oggi è che quando non fa la ‘maschera’ e non cerca in maniera ostentata il colpo fuori dal comune, riesce a mettere a segno dei vincenti pazzeschi e a raggiungere la parte finale dei tornei in cui partecipa. Perché è inutile negarlo, Kyrgios di qualità ne possiede. Eccome.
Nel suo modo tutto particolare di interpretare il gioco, tira fuori dei colpi impressionanti. E a volte lo fa con la naturalezza tipica del fuoriclasse. Questa settimana a Washington ha dimostrato di essere sia ispirato sia concentrato, due caratteristiche che quasi mai riesce a far coincidere. Che forse alterna per la sua pazza voglia di dover dare in pasto al pubblico colpi da giocoliere e da show man, non pensando al pragmatismo che a volte serve per andare avanti e vincere.
Certo, non sono mancati i momenti di spettacolo, le ormai celebri giocate dell’australiano, come ad esempio improvvisare un rovescio a una mano, mascherare una palla corta con il salto, esagerare con i tweener, provare a sorprendere con servizi da sotto. Per non parlare di rovesci al volo da fondo campo. Ma ha limitato i colpi eccessivi, e forse è stato questo il punto forte. Anche perché, allo stesso tempo, i vincenti li ha messi in campo (vedi diversi passanti micidiali, piuttosto che imprendibili inside out).
E Tsitsipas, che è un giocatore che tende a lasciare da parte l’istinto e ad analizzare le mosse dei suoi avversari (lo dimostrano le sue conferenze stampa dove spesso fa sedute quasi psicoanalitiche), ha subìto decisamente l’australiano, perlomeno in gran parte dell’incontro.
Nel set che il greco ha portato a casa, va tuttavia ribadito, c’è stato lo zampino di Kyrgios, che è caduto in uno stato di nervosismo catatonico. Sono bastate due decisioni del giudice di sedia poco condivise, al terzo gioco, per far perdere la testa all’australiano, il quale ha poi spaccato due racchette, preso un penalty point e si è trasformato nel bad boy che conosciamo bene.
Ma alla fine Nick Kirgios ha saputo mantenere la calma (nel terzo set) e ha continuato la sua marcia trionfale approdando in finale di un Atp 500, la seconda volta nella stagione. Anche la conclusione è stata da Kyrgios: nel match point decisivo ha chiesto a uno spettatore dove piazzare l’ace della vittoria. E una volta eseguito il servizio vincente, l’australiano è corso a salutare il tifoso seduto in prima fila, con la sorpresa di un pubblico molto divertito. Si può amare oppure odiare, ma questo è Nick.