Venti minuti di Juan Martin Del Portro. Venti minuti in cui il campione argentino ha messo sul piatto le emozioni, le paure, i successi e gli insuccessi di un’intera carriera. Venti minuti in cui ha parlato della sua passione per il tennis e per la sua città natale, Tandil, che per lui significa tutto. Significa famiglia, significa amici, significa casa. E’ anche per questo che è così amato dalla sua gente.
Venti minuti “intimi”, il momento clou dei quali è coinciso con la confessione che nessuno si aspettava. “Avevo lasciato il tennis ma non lo avevo detto a nessuno, solo alla mia famiglia e agli amici più stretti. Ho passato qualche mese a Tandil, provando a immaginare la mia vita senza il tennis“. Lui parla di “due anni fa”, ma se andiamo a vedere quello che è stato della sua straordinaria e sfortunata carriera fino ad oggi, capiamo che il riferimento è ad un momento un po’ precedente, probabilmente nel 2015.
E’ il 2009 quando il “martello di Tandil” conquista il suo primo (e al momento unico) torneo del Grande Slam, lo Us Open. Un momento in cui realizza che il suo sogno di diventare numero uno del mondo può davvero diventare realtà. Nel 2010 la doccia gelata, con l’infortunio al polso destro. Poi un lungo, interminabile calvario con il polso sinistro. Nel 2016 il ritorno, in cui pochi speravano, con l’argento olimpico e il trionfo in Coppa Davis.
Pochi, tra cui, per un certo periodo neanche lui. Poi la voglia di provarci ancora ha avuto, per fortuna, il sopravvento. Nel 2017 e nel 2018 due stagioni senza problemi fisici, fino all’infortunio al ginocchio dello scorso ottobre. Ancora un calvario, ancora un rientro. A Roma, qualche giorno fa, ha giocato contro Novak Djokovic una delle partite più belle dell’anno.
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