E’ conosciuto in tutto il mondo prevalentemente per le sue caratteristiche fisiche. Due metri e otto centimetri è un’altezza che raramente si vede su un campo di tennis. Eppure John Isner è molto più che un semplice “gigante”. E la sua carriera, giunta ormai nella fase della piena maturazione, lo dimostra.
Certo, ai tempi dell’Università della Georgia, Long John faceva parlare di sé soprattutto per il suo impressionante servizio e per il suo dritto devastante. Ma, nonostante questi due colpi siano rimasti il suo marchio di fabbrica, Isner ha lavorato tantissimo su se stesso, sul suo modo di stare in campo e di affrontare le partite.
E il lavoro ha pagato. Eccome se ha pagato. Il 2018, a 33 anni, è stato senza dubbio il migliore della sua carriera, culminata con la vittoria nel Masters 1000 di Miami e con l’approdo, per la prima volta, alle Atp Finals di Londra.
Il nativo di Greensboro ha fatto il suo ingresso nella top-100 mondiale nel febbraio del 2008, uscendone temporaneamente per quasi un anno, per poi rientrarci nel giugno 2009 e non uscirci più. E martedì l’americano ha aggiunto un’altra pietra miliare alla sua straordinaria carriera, celebrando 500 settimane consecutive nelle top-50 del ranking mondiale, raggiunta nel settembre di dieci anni fa dopo un quarto turno degli Us Open, e mai più abbandonata.
Un traguardo tutt’altro che scontato nel tennis di oggi, che solo pochi giocatori possono annoverare nel proprio palmares. Anche perché in questi dieci anni, per ben 350 settimane, Isner ha stazionato stabilmente nella top-20 mondiale, raggiungendo la finale in ben 27 tornei Atp e vincendone 14.
Il giusto premio per un atleta che ha sempre fatto del lavoro e della dedizione i grandi punti di forza della sua lunga carriera. Good Job, John!
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