Dopo 118 anni di storia gloriosa, contraddistinta in verità da numerosi e vorticosi alti e bassi, la vecchia formula della Coppa Davis va in soffitta e viene sostituita da un nuovo, rivoluzionario, schema.
Ad Orlando, Florida, la consueta assemblea dell’IFT (Federazione Internazionale Tennis) ha votato a larga maggioranza la riforma voluta dal presidente David Haggerty, che sarà in vigore a partire dall’edizione 2019. Non sbaglia chi, come noi, parla di rivoluzione, perché il torneo subirà un vero e proprio mutamento genetico, andando ad assomigliare sempre più alla fase finale di un mondiale di calcio, di rugby o di basket.
Queste, in sintesi, le novità principali.
Ecco, dunque, che dopo anni di discussioni su come rivitalizzare un torneo spesso snobbato dai migliori a causa di un calendario fitto e modalità troppo lunga e probante, la riforma è servita. Con il decisivo apporto del gruppo di investimenti Kosmos, fondato e presieduto dal calciatore catalano del Barcellona Gerard Piqué e dal suo socio Hiroshi Mitikani. Dietro tutto questo, un giro d’affari da 3 miliardi di euro e la grande scommessa di riportare i big del circuito a disputare la Coppa Davis.
Come ovvio che fosse, la decisione non è passata inosservata, anzi. Le voci favorevoli e quelle critiche si moltiplicano ora dopo ora. C’è chi sostiene che la scommessa si rivelerà vincente perché effettivamente questa nuova formula (e i soldi, tanti, che ci sono dietro) attireranno i grandi tennisti, fino ad oggi molto restii e prendere parte alla competizione per nazioni. Ma c’è anche chi critica il cedimento alla regola del dio denaro che ormai la fa da padrona su tutto.
Al di là della filosofia, bisogna registrare che la nuova Coppa Davis, semplicemente, non sarà la Coppa Davis. Sarà un’altra cosa. Sicuramente molto più vendibile agli investitori, con montepremi altissimi in grado di attirare i tennisti miliardari, con prospettive enormi di ricavi dai diritti tv e dai biglietti che verranno acquistati a peso d’oro. Sarà un mondiale del tennis e vincerà la propria scommessa solo se i Federer, i Nadal e i Djokovic lo riterranno tale e non solo un’occasione per esibirsi e divertirsi.
L’epica romantica della Coppa Davis finisce. Finiscono le trasferte, le partite infinite, le superfici diverse, il pubblico amico (o nemico), lo spirito di una competizione che ha accompagnato il tennis da quasi 120 anni. Il tempo ci dirà, abbastanza presto, se è valsa la pena sacrificare un pezzo di storia del nostro sport.
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