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Storia di un Delinquente atipico: “El Peque” Schwartzman da Villa Crespo

Uno squarcio di luce nelle notti di New York ha illuminato il cuore di tutti gli appassionati di tennis del mondo. Il suo nome è Diego Sebastian Schwartzman. Segni particolari: bassissimo. Un metro e settanta scarsi, praticamente un nano nel circuito dei giganti.

“Non ce la farà”, “non ce la può fare”, “si impegna molto ma non riuscirà a sfondare”, dicevano di lui addetti ai lavori e non. E invece il piccolo Diego ce l’ha fatta ed è diventato l’idolo di New York. Dopo aver fatto fuori la testa di serie numero 5 Marin Cilic, ha estromesso dagli Us Open il talentuoso ma inconcludente francesino Lucas Pouille dopo una partita epica. Poco importa se poi ha perso ai quarti contro Pablo Carreno Busta (ormai un campione fatto e finito destinato a rimanere nel gotha del tennis mondiale per molti anni) con una gamba malconcia.

Break, controbreak, infortuni, fasciature, rinascite: il quarto di finale contro Pouille è stato il manifesto di questo splendido giocatore. Quattro set di pura battaglia che lo hanno visto sempre lottare, sempre aggrappato alla partita, con coraggio e personalità. E così ecco arrivare il risultato che non t’aspetti: battendo il suo record personale, Schwartzman arriva ai quarti di finale.

Numero 33 al mondo, 25 anni appena compiuti, il ranking di Diego è destinato, ovviamente, a migliorare dopo questo torneo. Così come l’affetto del pubblico e la considerazione degli avversari.

D’altronde, per uno abituato a lottare prima ancora nella vita che su un campo da tennis, avere la meglio di un Pouille qualsiasi è sembrata la cosa più semplice. Diego nasce il 16 agosto 1992 a Buenos Aires, e cresce a Villa Crespo – dove vive ancora oggi – uno dei più grandi e popolosi quartieri della capitale argentina. Figlio di genitori tutto sommato benestanti, la situazione cambia radicalmente nel 2001: con la crisi e la svalutazione del peso, la famiglia Schwartzan – come milioni di famiglie argentine – si ritrova sul lastrico.

Mamma Silvana però crede nelle qualità del suo quarto figlio e decide che lo aiuterà ad inseguire il suo sogno, costi quel costi. I due cominciano a girare, in macchina, per tutto il Paese. Diego – a dispetto delle qualità fisiche – gioca bene e, soprattutto, vince. E con le prime vittorie arrivano i primi aiuti.

Ben presto il suo nome diventa tra i più importanti nel panorama giovanile argentino. Ma nessuno, ovviamente, gli regala niente. La sua è una gavetta fatta di umiltà e sacrifici e dopo una trafila di successi tra Challengers e Futures, il primo maggio 2016 vince il suo primo torneo Atp, a Istanbul, contro Grigor Dimitrov, uno leggermente più considerato di lui a livello di mainstream. E lo fa a modo suo, rimontando un set e un break di svantaggio.

E arriviamo così ai giorni nostri, a questi straordinari, pazzi, Us Open 2017. “El Peque” da Villa Crespo gioca il suo tennis migliore. Basato su un fondamentale, prima di tutto: la risposta, dove Diego se la gioca con mostri sacri come Murray e Nadal, peraltro con il 45% di palle break trasformate in punto. Un folletto instancabile, che ha costruito il suo successo sullo spirito di sacrificio e sulla dedizione, a partire dall’allenamento e dalla preparazione.

Così, nel giro di pochi giorni, Diego Sebastian Schwartzman da Villa Crespo, è diventato l’idolo di New York. E pure il nostro.

Stefano Cagelli

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